A tratti ruvida, opaca, oscura la fibra di carbonio può apparire come un materiale che attira poco l’attenzione e che non suscita particolare interesse come altri materiali invece, più lucenti e colorati, sanno fare.
Andando a ripercorrere la storia di questo artefatto abbiamo scoperto che la fibra di carbonio è tutt’altro un materiale di poca importanza siccome viene diffusamente utilizzato in settori diversi tra loro: da quello sportivo, tecnico, aeronautico ecc. . Anzi, mostra caratteristiche uniche come la leggerezza e la resistenza che fanno del carbonio uno tra i materiali più pregiati del settore industriale; un materiale polivalente e innovativo di interesse per la nostra ricerca che secondo noi ha numerose connessioni tra sociologia e scienza.
Dall’unione delle conoscenze acquisite durante il corso di Sociologia della scienza e dalle numerose ricerche condotte per acquisire informazioni su questo materiale nasce questo blog che vuole essere uno strumento per diffondere e rielaborare conoscenze d’interesse sia per la sociologia sia per la scienza. In particolare, abbiamo scelto di approfondire le applicazioni di questo artefatto all’ ingegneria aerospaziale e all’ industria automobilistica.
La storia di Horacio Pagani è una storia curiosa ricca di idee e innovazione. Da semplice operaio della catena di produzione della Lamborghini Automobili è riuscito ad innovare il proprio settore di competenza diffondendo la fibra di carbonio all’intera catena di produzione delle automobili. Proponiamo un breve racconto della storia di Pagani per mettere in evidenza alcuni passaggi di interesse per la sociologia della scienza.
All’inizio degli anni ottanta Horacio Pagani, operaio di terzo livello della casa automobilistica Lamborghini, intuì che la fibra di carbonio poteva essere applicata per produrre componenti nel suo reparto; a quel tempo questo materiale era utilizzato solamente in settori specifici come quello aeronautico e nella Formula uno. L’idea di Pagani in un primo momento però non suscitò l’interesse della casa automobilistica; per l’azienda infatti la produzione era stabile e non c’erano motivi per cambiare il modo di costruire autovetture. Inoltre, nessuna casa automobilistica aveva mai pensato ad un progetto così innovativo e allo stesso tempo così dispendioso in termini economici. Pagani però non si arrese, anzi, in sella alla propria bicicletta si presentò al Credito Romagnolo di Sant’Agata per richiedere un prestito per l’acquisto di un’autoclave (un forno a pressione che serve per modellare, compattare e cuocere i materiali compositi in carbonio). Ottenne il prestito. All’indomani dunque si presentò in azienda con il contratto d’acquisto firmato dalla banca. I responsabili dell’azienda, colpiti dall’audacia e dalla convinzione dell’operaio, decisero di dargli fiducia mettendo a disposizione un capannone dedicato a sviluppare la fibra in carbonio. Insieme ad altri operai incominciò così a sviluppare componenti per la Lamborghini Countach. Il progetto ebbe successo riscuotendo sempre più l’interesse del mercato e del settore automobilistico. Però ad inizio anni novanta la guerra del golfo bloccò l’ambizioso progetto di Pagani di costruire un’auto interamente in compositi (la L30), siccome la Chrysler, casa proprietaria della Lamborghini, in pieno clima di guerra non era disposta a finanziare il progetto. Da quel momento Horacio Pagani decise che era giunto il momento per dare vita al progetto che aveva fin da bambino. Fondare la propria casa automobilistica che ora porta il proprio il suo cognome: la Pagani Automobili.
Questa vicenda contiene diversi elementi di interesse per il nostro campo di studio. Possiamo considerare Pagani come user driven innovator (Oudshoon e Pintch 2007); infatti da semplice operaio utilizzatore di questo artefatto Pagani è stato in grado di intuire, modificare e riadattare alle esigenze del mercato automobilistico questo artefatto mai utilizzato prima nel settore. Pagani è un innovatore che guida l’innovazione siccome ha intuito l’applicabilità di questo artefatto al proprio settore di competenza diventando così un lead user, ovvero un utente principale (ibidem2007). Inoltre, non siamo in presenza solo di utente che è stato in grado di sviluppare nel corso del suo utilizzo questo artefatto ma di un user che arriva ad essere addirittura produttore.
L’innovazione ha riscosso successo perché Pagani è stato capace di inserirsi in una rete, dialogando con attori umani e non umani che hanno contribuito alla produzione degli oggetti in fibra di carbonio. È proprio all’interno di questa rete eterogenea che è stato possibile il successo dell’artefatto come afferma Bruno Latour Microbi: guerra e pace (1984). Tra i diversi attori coinvolti possiamo inserire anche gli inventori della fibra di carbonio, i settori che avevano già applicato la fibra di carbonio ai loro prodotti, la banca che ha concesso il prestito, gli operai, la fibra di carbonio (al pari dei microbi in guerra e pace, in quanto attori non umani che hanno portato al successo del vaccino), l’autoclave, i consumatori che ne hanno determinato il successo e i vertici d’azienda che hanno dato spazio a Pagani per sviluppare le proprie idee. E’ proprio all’interno di questa articolata rete di attori umani e non umani che assume significato l’intuizione del singolo individuo. Inoltre, il successo di Pagani non è spiegabile come un processo di successione di fatti ma è un processo complesso e non lineare in cui entrano in gioco numerosi attori, elementi (Bucchi 2016) di natura sociale, economica, politica e scientifica che, dialogando l’uno con l’altro, hanno permesso alla fibra di carbonio di essere applicata al settore automobilistico.